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LA
SCELTA DELLA CONDOTTA TERAPEUTICA
Per decidere
la terapia è importante valutare tutta una serie di elementi:
· la lunghezza del tronco radicolare;
· la sondabilità endodontica delle radici;
· la configurazione anatomica delle radici stesse;
· la posizione dell'elemento dentario nell'arcata;
· l'entità della lesione in relazione anche alle eventuali
lesioni parodontali nel resto delle arcate dentarie;
· bisogna valutare infine, la topografia della lesione ossea e
della lesione dei tessuti molli.
Per quanto riguarda la terapia, in questo caso gli innesti ossei non funzionano,
per l'impossibilità di attuare un corretto e sicuro curettaggio
radicolare del "cavallo" della biforcazione. Nuove strade sono
state aperte con la tecnica della rigenerazione guidata del parodonto
profondo.
Si prevede l'uso di membrane che lasciano libero lo spazio parodontale
e ne consentono la rigenerazione, escludendo dalla guarigione le cellule
ossee, le cellule epiteliali, il tessuto gengivale.
Nuovi orizzonti sono stati aperti anche dall'uso della colla di fibrina
e della membrana amniotica, impiegata a protezione dello spazio, parodontale.
Terapia delle
lesioni di 1° grado e di 2° grado iniziale
Nelle lesioni
di 1° grado e di 2° grado iniziale, ci si comporta come se le
radici dello stesso dente fossero radici di denti singoli: si scolpisce
un lembo mucoperiosteo (a spessore totale) e si attua una osteotomia osteoplastica
(unità spesso a un'odontoplastica) per ricreare la giusta architettura
ossea che consenta il mantenimento dell'igiene orale. Nella figura
1 è possibile osservare un 4.6 con una lesione di l' grado
della biforcazione vestibolare.
Il sondino parodontale penetra 3 mm. Dopo accurato curettaggio radicolare
e rimozione del tessuto di granulazione dalla zona della biforcazione,
si procede (figura 2) a una odontoplastica per allargare l'imboccatura
della biforcazione e ridurne la profondità.
Si termina l'intervento con l'osteotomia-osteoplastica (figura 3),
con strumenti rotanti lontano dalle radici e con scalpelli e lime in prossimità
di esse. L'obiettivo è quello di ripristinare la forma a festone
in prossimità delle radici. Si riposiziona e si sutura infine il
lembo.
Ricostituita la "forma giusta" dell'osso, si creano le condizioni
ideali perché su di esso si riformi, adeguatamente modellata, la
gengiva. Molto più indaginosa è la terapia di una lesione
di egual grado in un molare superiore. In questo caso si ha difficoltà
di accesso per la stretta vicinanza dei denti contigui. A tale proposito
è importante scolpire un lembo di accesso molto ampio per avere
la migliore visibilità possibile.
La figura 4 mostra una lesione di 1° grado a livello della triforcazione
del 1.6; è interessato l'imbocco mesiale tra la biforcazione tra
la radice palatale e la radice vestibolo-mesiale. E' presente anche un
lieve difetto osseo a quattro pareti a livello della superficie palatale
della radice del 1.6, trattabile anche esso con la chirurgia ossea resettiva.
Si attua (figura 5), l'odontoplastica e la rimodellazione ossea
(osteotomia- osteoplastica). E' bene ricordare che, in ogni caso, è
da evitare una eccessiva rimodellazione del dente (se questo è
vitale) per non avere una ipersensibilità dentinale e per non creare
danni irreversibili alla polpa. La figura 6 mostra l'architettura
ossea rimodellata con eliminazione del difetto interadicolare.
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